Oggi voglio parlarvi di un argomento estremamente interessante, l'intelligenza del mondo vegetale.
Questo è un argomento su cui non sono stati fatti studi per tanto tempo perché, in un certo senso, abbiamo sempre dato per scontato che le piante non posseggano capacità di ragionamento.
Quando vediamo una pianta, quello che notiamo è la parte che esce dalla terra, il suo fusto e le sue foglie. Non la vediamo muoversi o reagire agli stimoli dell'ambiente circostante e quindi finiamo per concludere che siano esseri un in certo senso "insensibili". La parte straordinaria delle piante si trova invece sotto la superficie. Le radici sono il corrispettivo del cervello animale. Il Dottor Mancuso, con l'Università di Firenze, ha condotto degli studi veramente interessanti su questo argomento.
La neurobiologia vegetale ha scoperto che in ciascun
apice radicale c'è una zona, detta di transizione, in cui le cellule
hanno caratteristiche neuronali. Mettono cioè in atto una
trasmissione sinaptica identica a quella dei tessuti neuronali
animali. L'impulso scorre nel cervello della pianta (le radici)
attraverso delle molecole (i neurotrasmettitori) molte delle quali
sono le stesse con cui comunicano i neuroni animali. In questi apici
troviamo glutammato, glicina, sinaptotagmina, gaba e acetilcolina.
Una prova di intelligenza vegetale è del resto il
comportamento in caso di difficoltà.
Le piante agiscono infatti con
lo stesso sistema prova-errore degli animali: davanti a un problema
procedono per tentativi fino a trovare la soluzione ottimale di cui,
poi, si ricordano quando si presenta una situazione simile. Per
esempio, se manca l'acqua aumentano lo spessore dell'epidermide e ne
chiudono gli stomi (aperture) evitando la traspirazione, riducono poi
il numero delle foglie aumentando quello delle radici per esplorare
nuove zone.
Viene da chiedersi però se non si tratti di stimoli
puramente meccanici. Alla domanda i ricercatori hanno risposto di no.
Si tratta di un comportamento intelligente; se le radici dovessero
solo cercare acqua potrebbe essere solo automatico ma devono trovare
anche ossigeno, nutrienti minerali, crescere secondo il senso della
gravità, evitare attacchi e valutare quindi contemporaneamente molti
fattori. Le comunicazioni chimiche che le piante si scambiano
attraverso l'aria e la terra sono messaggi sullo stato di salute o
sull'attacco di parassiti. Se sono attaccate da patogeni, comunicano
con le altre piante della loro stessa specie con gas e sostanze
volatili che c'è pericolo, invitandole ad aumentare le difese
immunitarie. I vegetali dimostrano così di essere anche sociali.
Sociali ma non necessariamente socievoli. Essendo esseri
territoriali, le piante si mandano messaggi del tipo “qui ci sono
io”emettendo sostanze disciolte nel terreno. Le radici
intercettano le comunicazioni, capiscono se hanno vicino una pianta
della stessa specie e in tal caso la reazione è blanda, oppure, se è
un'avversaria (quale coltivatore non conosce le “inimicizie”
delle varie specie verso altre) diventano aggressive fino a lanciare
sostanze velenose.
Tenendo conto di tutti questi stimoli l'apice
decide cosa fare. Decisione che viene anche dal ricordo: una pianta
che ha già affrontato un certo problema è in grado di rispondere in
modo più efficiente.
Questa caratteristica era nota come
acclimatazione che fino ad ora si spiegava come una risposta
automatica alle variazioni del clima. In realtà decide di cambiare
quando percepisce le condizioni ambientali che ha già sperimentato.
Alcuni esperimenti hanno anche mostrato che le piante
sono dotate del senso di propriocezione attraverso un esperimento in
realtà non troppo complesso. Hanno preso due cloni della stessa
pianta e li hanno messi affiancati.
Hanno osservato che se una mette
in ombra l'altra, la pianta in ombra di sposta alla ricerca della
luce. Se invece è essa stessa a farsi ombra con i propri rami, non
accade nulla. In un altro sperimento le radici di una pianta di mai
vengono messe in un labirinto alla cui fine c'è l'azoto; le radici
prendono la strada giusta sempre al primo tentativo, dimostrando di
superare anche i risultati ottenuti dagli animali. Qui però non si
tratta propriamente di intelligenza ma di organi di senso più
affinati.
Queste ricerche quindi smentiscono quello che si era
sempre comunemente dato per vero, che le piante cioè si trovino ad
un livello della scala evolutiva molto più basso rispetto agli
animali. Questo fondamentalmente perché si tende a vedere
l'evoluzione come una piramide che parte dal basso con i batteri e le
forme di vita più semplici, passa per i vegetali e per gli animali e
poi arriva al vertice, l'uomo.
La teoria evolutiva di Darwin tuttavia
non intendeva affatto dimostrare questo. Secondo la teoria
dell'evoluzione, qualsiasi essere vivente che si trova oggi sul
pianeta è all'apice della propria catena evolutiva e per arrivarci
ha dovuto adattarsi ed evolversi svariate volte. Anche le piante
quindi, insieme agli animali, ai batteri e agli esseri umani si
trovano nella parte alta della piramide evolutiva. Si tende a credere
che le piante siano molto più antiche degli animali ma anche questo
è un concetto sbagliato.
Le piante da fiore (angiosperme) ad
esempio, si sono evolute dopo la nascita dei mammiferi e sono quindi
molto più recenti. Questo concetto normalmente ci sfugge perché
siamo abituati a vedere il tempo come un fluire di eventi lineari e a
prendere in esame solo una parte specifica alla volta, cosa che ci
priva della visione dell'insieme totale.
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