mercoledì 16 marzo 2016

Anteprima del mio libro "Un Nuovo Inizio" Gli allevamenti intensivi


Oggi voglio rendervi partecipi di qualcosa che avete sotto gli occhi ogni giorno ma che è facile ignorare. Voglio parlarvi degli allevamenti intensivi perché capiate da dove viene quello che comprate e mangiate ogni giorno.
Il testo che segue è una versione ampliata del mio pezzo sull'allevamento intensivo, che si trova nel libro "Un Nuovo Inizio", scritto da me e Elisa Riccardi, nel capitolo dedicato a Madre Terra.

Allevamento intensivo: inutile spiegare dov'è il disastro in questa parola. Chiunque sia dotato di sensibilità sa bene che gli allevamenti rappresentano al meglio la brutalità umana.
L'ingrediente principale di tutti i prodotti di origine animale è la crudeltà.
Pensate ai polli, chiusi in gabbie poco più grandi della superficie di questa pagina, nella semioscurità, incapaci di muoversi o aprire le ali, con i becchi bruciati perché non si feriscano tra loro. I pulcini maschi vengono tritati perché inutili per la produzione di uova, i loro corpi sparsi sui campi per servire come fertilizzanti.
Pensate alle anatre, ingozzate attraverso dei tubi, per portare nel giro di un mese il loro fegato a dodici volte la dimensione iniziale, così da poterci ricavare più paté.
Pensate alle mucche, tenute costantemente gravide per quattro anni, munte tre volte al giorno e poi mandate al macello non appena cala la produzione di latte.
Pensate ai vitelli, separati dalla madre subito dopo la nascita, chiusi in box che non permettono loro di muoversi, perché la loro carne resti morbida, nutriti per provocare una carenza di ferro che renderà chiara la loro carne.
Pensate alle pecore, tosate finché si può e poi portate ai macelli, pensate ai maiali, chiusi in luoghi dove non possono muoversi, con le articolazioni bloccate dall'immobilità forzata, ingrassati selvaggiamente per affrettarne la macellazione.
Pensate a quanta crudeltà, spreco di risorse e inquinamento viene fuori da tutto questo, solo per un motivo: interessi economici.
Fin dalla nostra infanzia abbiamo subito dei condizionamenti che ci hanno permesso di ignorare questa parte brutale dell'alimentazione. Ci è stato insegnato che siamo al di sopra degli animali, che dobbiamo nutrirci di carogne per non soffrire a causa della mancanza di proteine, o ferro, o calcio. Ci hanno spiegato che, se vogliamo crescere forti, dobbiamo nutrirci di altri animali (perché dobbiamo ricordarci che anche noi lo siamo) o che Dio ha creato gli animali con il preciso scopo di farceli mangiare.
Ci hanno convinto che il consumo di prodotti animali non è poi chissà quale sbaglio, in fondo basta distinguere tra animali da cibo e animali da compagnia. Già, perché, per il mondo occidentale, mangiare cani e gatti è un'atrocità.
Questo viene detto, mangiando costolette di maiale. Quello che poi le persone non capiscono è che la pelliccia sul bordo dei loro cappotti viene da cani e gatti allevati a questo scopo, tenuti al freddo per infoltire la pelliccia e uccisi barbaramente, certe volte persino scuoiati vivi.
Pensate ai viaggi della morte, ai camion carichi di animali che fanno tratte lunghissime per arrivare ai macelli. Pensate a come ci si deve sentire chiusi in un camion, pieno zeppo dei propri simili, in mezzo ad escrementi e urina, senza cibo né acqua, esposti al caldo o al freddo. Pensate alla paura di ritrovarsi davanti a mostri che urlano e ti spingono per farti scendere dai camion, alla paura nel vedere che quelli in fila davanti a te vengono uccisi brutalmente, certe volte nemmeno vengono finiti ma macellati sul posto, ancora agonizzanti. Pensate che tutta la paura, l'angoscia e la sofferenza di quegli animali produce nei loro corpi sostanze dannose, che noi ritroviamo nel nostro piatto. Quella paura, quella angoscia, quella morte, ci vengono servite ogni giorno. Mangiamo veleno. Mangiamo negatività. Non si può pensare che nutrirsi così sia sano e nemmeno lontanamente etico. Parlando di etica occorre ricordare quanto effettivamente costa al nostro pianeta la produzione di carne.
Per produrre mezzo chilo di carne occorrono:
  • 5 chili di cereali, che equivalgono a 4 forme di pane o a 24 piatti di pasta;
  • 9.500 litri di acqua;
  • carburante fossile che produce inquinamento e causa il riscaldamento globale.
Non è vero che la carne è necessaria al nostro sostentamento.
Se si destinassero i terreni per la coltivazione di mangimi per bestiame, alla produzione di cibo per gli esseri umani, la fame nel mondo non sarebbe altro che un ricordo lontano.
Per troppi anni abbiamo creduto agli inganni delle Multinazionali e della politica, per troppo tempo abbiamo messo il denaro davanti alla sofferenza e allo sfruttamento.
Non sfruttare gli animali è questione di empatia. Non cibarsi di morte, significa rifiutare di acconsentire tacitamente alla distruzione di miliardi di vite innocenti ogni anno.
Voglio lasciarvi alle vostre riflessioni con una frase di un uomo che stimo molto:
Verrà il tempo in cui gli uomini come me vedranno nell'omicidio degli animali quello che ora vedono nell'omicidio degli esseri umani.”
Leonardo Da Vinci (1452-1519).



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